Design
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48 ore per progettare "ART.", la app che mette in contatto artisti e gestori di spazi
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Talent Garden
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Creare un progetto in sole 48, testarlo e prototiparlo. Sembra una missione impossibile, eppure alcuni studenti di UX Design Master ci sono riusciti. Armati di metodologia Agile e Javelin Board, i futuri UX Designer hanno ideato una app per i giovani artisti italiani.
Ecco l'intervista a Samuele Bursi, Matteo Occhipinti, Kevin Paradisi, Mattia Napoli e Riccardo Di Stefano.
T: Come è nata l'idea della piattaforma ART?
R: Durante il primo mese di UX Design Master, abbiamo affrontato un’incredibile challange: creare un progetto in soli 48 ore. L’obiettivo del progetto era quello di sfruttare la metodologia Agile per creare, testare con gli utenti e integrare i feedback ricevuti in un lasso di tempo davvero strettissimo. Com'è iniziato tutto? Dopo averci diviso in gruppi misti (scelti in base ai diversi background, in modo da facilitare il progetto) ci è stato chiesto di pensare al focus. Un membro del nostro team conosceva profondamente un settore in particolare riguardante i giovani artisti emergenti, che dopo il loro percorso di studi hanno grandi difficoltà a trovare punti di riferimento e un guadagno effettivo derivante dalla loro forma d’arte. Siccome l’argomento sembrava sfidante e andava incontro a un problema reale, abbiamo deciso, dopo un primo brainstorming di gruppo, di affrontarlo, utilizzando la Javeline Board.
T: Come avete utilizzato la Javelin board? Per quali utenti?
R: La Javelin Board a tutti gli effetti è una mappa, che consente di tenere traccia di tutte le fasi del progetto, dall’ideazione alla validazione. Il concetto è molto semplice, parti da un’idea e vedi i suoi sviluppi. Nel nostro caso ci siamo chiesti:“perché gli artisti emergenti non hanno abbastanza visibilità?” e abbiamo formulato una prima ipotesi "forse non conoscono i giusti canali dove esporre le proprie opere." Ma per validare o negare questa ipotesi abbiamo dovuto fare dei test sugli utenti (fase denominata Get out of the building), gli stessi su cui successivamente abbiamo testato il primo prototipo realizzato.
T: Cosa avete scoperto durante il Get out of the building?
R: Abbiamo presidiato i luoghi di aggregazione dove i giovani artisti emergenti si ritrovano, come l’accademia e i locali tipici milanesi. Il primo giro di interviste è stato il più difficile: bisogna prendere dimestichezza con il tono di voce, con il modo in cui ti poni, con le risposte inaspettate, ma già dopo un po' ci prendi quasi gusto e chiedi più di quanto non avresti pensato inizialmente, scoprendo sempre più dettagli. Con la Javelin Board, sempre a portata di mano, fase dopo fase siamo entrati a fondo nelle motivazioni del perché questi giovani artisti emergenti non hanno abbastanza visibilità.
Eravamo partiti dall’idea che non avere abbastanza successo fosse sinonimo di non sapere dove esporre le proprie opere, ma dopo i primi giri di interviste abbiamo compreso che il motivo era un altro: non avere i giusti contatti. Inoltre abbiamo capito che la paura del giudizio altrui fra i giovani artisti è sempre presente, infatti inizialmente questi preferiscono esporre in ambienti più informali come pub, case e giardini. Successivamente ci siamo ritrovati a dover trarre le prime conclusioni con la testa piena di idee. È stata dura fare un punto della situazione e conciliare tutte le menti coinvolte in un’unica soluzione che unisse tutti gli spunti... ma alla fine è nato un primo prototipo.
Non avendo il tempo materiale per progettarne uno fedele, abbiamo quindi sketchato un paio di schermate sul nostro quaderno, e con quello alla mano, abbiamo fatto i primi test. Il momento forse più bello di questa esperienza è proprio quando senti i primi feedback positivi. Forse inizialmente c’è la paura di aver mal interpretato quelli che sono i bisogni degli utenti, ma quando riesci a constatare che i primi utenti spenderebbero anche solo un euro per averlo, la missione può ritenersi ufficialmente compiuta.
E così, dopo gli ultimi feedback sul prototipo, è nato il nostro servizio, che, nemmeno a dirlo, ha preso il nome di ART.
T: Qual è la mission di ART?
R: ART. è n servizio che ha l’ambizione di offrire un collegamento diretto tra artisti emergenti e locali informali intenzionati a esporre opere d’arte. Tramite questo servizio infatti, l’artista, in forma anonima, potrà creare un profilo dove mostrare le proprie opere, visualizzate da centinaia di gestori di spazi, interessati ad allestire il proprio locale. Un servizio semplice, che permette a tutti quegli artisti, che non sanno da dove iniziare, di avere una possibilità anche in termini di guadagno.
T: Cosa vi portate a casa da questa esperienza?
R: Il continuous learning, dove tramite l’iterazione continua dei passaggi e dei processi vedi il tuo progetto cambiare, le tue idee sfumare improvvisamente, lasciando posto alla voce degli utenti, ma capendo davvero quelle che sono le motivazioni più profonde alle basse delle loro scelte e dei loro comportamenti.
Articolo aggiornato il: 09 agosto 2023
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