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Siamo tutti d’accordo su cosa sia la UX? La domanda non è banale come sembra. Cercando online, si possono trovare tante definizioni di User Experience (qui ne sono state raccolte un buon numero), ma la mia preferita resta quella di Donald Norman.

Donald Norman è uno dei maggiori studiosi occidentali delle implicazioni psicologiche e sociali legate al design, nonché uno dei più conosciuti teorici, e anche sperimentalisti, di tutto ciò che riguarda l’usabilità delle interfacce e dei prodotti o servizi digitali. La sua definizione di User Experience è:
The way you experience the world, your life, the service or a computer system. [...] It’s a system that’s everything.
Nel video, Norman fa riferimento all’intero ciclo esperienziale di un prodotto o servizio da parte di un utente, che dapprima scopre l’esistenza del prodotto, poi lo sceglie e infine lo usa, auspicabilmente con soddisfazione. Le fasi della User Experience Si intuisce facilmente che l’utente, la sua relazione con il prodotto o servizio e le emozioni che ne derivano sono il principale oggetto della progettazione della User Experience (non a caso l’approccio progettuale di riferimento è quello dello Human-Centered Design). Soddisfare l’utente finale è dunque l’obiettivo principale della UX, che si concretizza nel consentire a chiunque di raggiungere, comprendere e utilizzare con facilità un prodotto/servizio. Le sei fasi della UX, però, vanno ben oltre la sola progettazione tecnica del prodotto o servizio:
It may not even be near the product. It may be when you’re telling somebody else about it.
Norman, alla fine del video, accenna una velata polemica verso chi sostiene che la UX riguardi esclusivamente l’ideazione e lo sviluppo di un prodotto/servizio digitale, infatti vi include anche le le fasi di scoperta, di scelta e di feedback, che avvengono prima o dopo i momenti tecnicologico-progettuali e hanno luogo, almeno in parte, nel mondo fisico. La questione sollevata da Norman è condivisibile: negli ultimi anni, all’interno di molte aziende, il reparto di User Experience è stato verticalizzato sul digitale, quindi sulla progettazione esclusiva di siti web e applicazioni e, nei casi maggiormente innovation-driven, delle interfacce sonore, della virtual/augmented reality, dell’IoT e del Big data design. Allora chi gestisce l’esperienza dell’utente a tutto tondo, declinata sul digitale e nel mondo fisico? Proprio qui entra in gioco l’altro protagonista di questo articolo: la Customer Experience.

Che cosa è la CX?

Come già accennato, la Customer Experience intercetta l’utente in tutte quelle fasi che esulano dal mero contesto digitale, soprattutto per quanto riguarda:
  • la fruizione integrata dei prodotti/servizi su molteplici canali (il cosiddetto phigital)
  • la costruzione di community dedicate
  • la definizione di sistemi di feedback di e per gli utenti.
Ma c’è una peculiarità che distingue in modo netto le due discipline. L’oggetto della Customer Experience è il Customer, non lo User. Infatti gli utilizzatori dei prodotti/servizi sono considerati dei veri e propri clienti, che, certo, devono essere soddisfatti nella loro esperienza come utenti (UX), ma hanno anche un rapporto commerciale con l’azienda, o, meglio, con il suo brand. Cosa significa in termini pratici? Esempio n°1 Consideriamo uno dei tanti servizi di Home Banking e ipotizziamo di dover fare un bonifico. Tutto il processo che consente di eseguire il bonifico è di pertinenza dello UX Design: più l’esperienza è rapida e senza intoppi, migliore è stata la sua progettazione. Solitamente, una volta erogato il bonifico, avviene un altro passaggio: il cliente viene informato del buon esito dell’operazione, attraverso una mail oppure un sms. Quando parte la notifica? In che formato? Con quale linguaggio? Come fa l’utente a definire le impostazioni dell’avviso? Tutto ciò esula dal processo di pagamento vero e proprio ed è considerato pertinenza della Customer Experience. Esempio n°2 Mettiamo il caso che la banca lanci una nuova promozione, ad esempio un tasso agevolato sui mutui. Nell’ambito della Customer Experience, allora, tale informazione dovrà essere diffusa in modo chiaro su tutti i touchpoint tra il cliente e l’azienda: oltre a prevedere l’aggiornamento di sito web, app e canali social, verranno anche pianificati campagne pubblicitarie, poster nelle filiali, eventi a tema, concorsi a premi. Nessun cliente della banca potrà perdersi l’opportunità di risparmiare sul proprio mutuo. Insomma, la Customer Experience recepisce i requisiti di svariate unità di business: IT, Marketing e Comunicazione, Branding e Commerciale, ma non serve direttamente a vendere di più (approccio selling-oriented). Piuttosto garantisce la cultura utente-centrica dell’azienda, consentendole così di migliorare costantemente la propria relazione con il cliente, grazie a regolari misurazioni del suo livello di coinvolgimento (Engagement). L’obiettivo finale della CX è quello di trasformare la soddisfazione dell’utente nella sua fidelizzazione verso il brand.

Come si integrano UX e CX?

Great UX doesn’t guarantee a great Customer Experience
Adam Richardson, Harvard Business Review L’opinione più diffusa è che la CX comprenda la UX, in quanto non basta un’ottima esperienza dell’utente, per fare di lui un cliente soddisfatto, mentre è verosimile il contrario. Se si vuole approfondire questo tema, un interessante articolo di UXPin fornisce utili esempi. Si deduce che, all’interno dell’organizzazione aziendale, il reparto di UX Design è subordinato a quello di CX, perché qualsiasi decisione relativa all’esperienza dei consumatori finali non può esulare dalle logiche della Customer eXperience. Al di là dei tecnicismi, però, vorrei introdurre un’ultima domanda, la cui risposta mi sembra probabilmente la più interessante sulla questione.

Più precisamente, chi si occupa di UX e chi di CX?

Innanzitutto vi svelo che non esiste il CX Designer. Come prevedibile, la User Experience è una materia fortemente progettuale (oltre 90.000 risultati per “UX Designer”), che utilizza metodologie e processi specifici. Dall’altro lato dello specchietto, invece, appare lampante che la Customer Experience non si possa progettare. Nella ricerca che esclude la figura del Designer (dove peraltro la CX conta quasi il doppio dei risultati della UX), spiccano figure come il “CX Architect”, “CX Strategist”, “CX Manager”, “CX e UX Analyist”. Si tratta di ruoli di carattere analitico, strategico e manageriale, che implicano la capacità di gestire problemi complessi e interdisciplinari, ma che escludono attività di carattere creativo-operativo. Eppure, molto spesso, i professionisti della Customer eXperience provengono proprio dal mondo della User Experience. Sono Designer specializzati in materie attinenti al Marketing e Management, che riescono a far convergere la loro esperienza sul campo e le loro conoscenze, apportando grande valore aggiunto. D’altronde, sebbene i ruoli aziendali delle due discipline siano ben distinti, in effetti i loro presupposti teorico-ideologici sono assolutamente identici: entrambi (UX Designer e CX Manager) adottano un approccio empatico verso l’essere umano (non user, non customer, ma human being), per il quale stanno lavorando e conoscono a fondo le dinamiche di business che li coinvolgono. Concludendo, se uno CX Manager è probabilmente un ex UX Designer, è altrettanto vero che:
A better understanding of CX makes you a much stronger UX Designer.
Jerry Cao, UX Content Strategist at UXPin di Martina Asara, UX e UI Designer di OpenKnowledge ed ex studentessa di UX Design Master
Articolo aggiornato il: 17 agosto 2023
Talent Garden
Scritto da
Talent Garden, Digital Skills Academy

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