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Storie dalla Community di Talent Garden. 

Anche tu in questo periodo hai valutato di cambiare la tua job description su LinkedIn in “Espertissim* di qualsiasi sport”?
Comprensibile, dopotutto a Sanremo manca ancora qualche mese e in un modo o nell’altro bisogna pur occupare il tempo... senza contare che queste due settimane ogni quattro anni sono da sempre in grado di polarizzare l’attenzione facendoci riscoprire la bellezza dello sport. 
Se in questi giorni l’hobby nazionale è per chiunque la telecronaca sportiva nella Community di Talent Garden, però, c’è chi si occupa di raccontare il sogno Olimpico da ben dodici anni: si tratta di Carlo Filippo Capella e Marco Linguanti, entrambi Co-Founder e Creative Director di Trash ADV: agenzia di servizi pubblicitari con venticinque anni di esperienza. 
In che modo lo fanno? Grazie alla loro ventennale collaborazione con Omega, sponsor delle Olimpiadi e Timekeeper ufficiale dal 1932
Anche quest’anno infatti, come dal 2012 a questa parte, Trash ADV si è occupata della creazione della campagna per Parigi 2024.
Abbiamo incontrato Carlo e Marco, nel nostro Campus di Milano Calabiana, per farci raccontare come nasce il processo creativo che li ha portati alla realizzazione di questo progetto e com'è cambiato nel tempo, Olimpiade dopo Olimpiade.

 

Come è iniziata la collaborazione con Omega? 

Con Omega c’è un rapporto molto duraturo, un rapporto quasi simbiotico, è di fatto il cliente che è con noi da più tempo. Negli anni con loro abbiamo potuto metterci alla prova su diverse campagne Olimpiche: la prima risale al 2012 ed era mirata a sottolineare il ruolo di Omega come Timekeeper ufficiale delle Olimpiadi. Un incarico abbastanza particolare perché gli sponsor olimpici sono tanti ma Omega, a differenza di molti di questi, è proprio un partner strategico: ha una responsabilità tangibile e tecnica nella manifestazione prendendo appunto i tempi delle competizioni. 

 

Come si è sviluppato il processo creativo e la creazione del concept per le campagne Olimpiche?

La domanda che ci siamo posti è stata: come fare ad andare oltre un gesto tecnico come appunto prendere un tempo? Alla fine la magia dello sport sta nel sogno, nella dimensione epica della competizione. Da qui siamo partiti col flusso di idee. 

La prima campagna di cui ci siamo occupati nel 2012 raccontava il timekeeping mostrando tutti i momenti precedenti all’istante in cui parte il tempo e inizia la gara. 
Dall’idea iniziale poi siamo arrivati all’intuizione di utilizzare il pezzo “Start me up” dei Rolling Stones come colonna sonora. Il brano in questione, famosissimo, racchiudeva perfettamente la visione artistica e concettuale dello spot e inoltre ha reso possibile questo che fosse immediatamente riconoscibile. 

Dall’anno successivo (2016, Rio) abbiamo fatto uno step ulteriore cercando di unire e amalgamare tre concetti principali: lo sport come gesto epico che fa sognare e ispira le generazioni, l’orologio come prodotto ma anche come strumento per il time keeping e il luogo geografico di svolgimento in modo che fosse omaggiato in quanto teatro stesso dell’azione. 
Proprio quest’ultimo punto nel 2016 è venuto fuori quasi per caso poiché grazie alla tecnica del Double Exposure, quasi inconsapevolmente, ci siamo trovati a sovrapporre immagini di orologi e atleti e a quel punto anche di luoghi iconici di Rio, nello specifico il Cristo Redentore, la spiaggia di Copacabana. Questa idea ha trovato ottimo riscontro sia nel pubblico che internamente ad Omega e dall’Olimpiade successiva (2020, Tokyo) è stata proprio una loro richiesta esplicita mantenere questa direzione creativa con tre elementi cardine: orologi, luogo, sport.

 

Possiamo quindi dire che si è andata plasmando una sorta di “firma” che ha caratterizzato le campagne successive?

Sì, la cosa interessante è che tutto questo si è rafforzato grazie a una difficoltà emersa durante Tokyo 2020: sapevamo poco del luogo e delle sue tradizioni e quindi, nonostante incontrassimo delle immagini adatte graficamente, eravamo in dubbio rispetto al loro utilizzo non conoscendone totalmente il significato. Ci siamo quindi impegnati in una ricerca minuziosa per far sì che nessuno dei momenti utilizzati fosse stereotipato e che fosse effettivamente significativo per la cultura del posto. Siamo stati veramente entusiasti del risultato e soprattutto orgogliosi dei tanti commenti positivi che hanno elogiato la veridicità e la lealtà della rappresentazione riconoscendo nel nostro lavoro un omaggio bello e sincero al Giappone. Per noi era veramente importante evitare l’effetto “Pizza e Mandolino”. 

 

Il trinomio sport, orologi e luogo ritorna anche quest’anno nell’attuale spot per le Olimpiadi di Parigi 2024, ci raccontate qualcosa in più della sua realizzazione?

Il claim che ci ha sempre guidato negli anni e che abbiamo proposto anche questa volta è “Recording Olympic Dreams”, nel senso che quello che per noi è importante trasmettere è il fatto di essere “cronometristi di sogni”. È necessario trasformare il freddo numero in qualcos’altro: qualcosa che possa far riecheggiare il sogno non solo di vincere una competizione del genere ma anche di partecipare, di battere se stess*, di ispirare nuove generazioni; si può arrivare ultimi ma se in quel tempo c’è un secondo di differenza rispetto al record precedente è comunque un grande risultato. 

La campagna con protagonista Parigi 2024 nasce quindi dalla volontà di rappresentare un mondo da sogno, una dimensione onirica e surreale: le strade della città diventano piste di atletica, i nomi delle vie piscine olimpioniche, i quadri del Louvre campi da tennis.
Rendere però un’idea, un concetto, qualcosa di tangibile è la vera sfida e abbiamo dovuto porci delle domande per sviluppare concretamente il tutto sia da un punto di vista pratico sia per rispettare le richieste del cliente. In tutto, dal brief alla consegna del progetto finito, sono passati un anno e otto mesi: abbiamo girato a ottobre 2023 a Parigi, poi Toronto, Barcellona e Shanghai. 

Per quanto riguarda la tecnica è stato davvero molto complesso, in questa occasione più di altre volte. per ambientare la scena in una Parigi gigante è stato necessario effettuare prima tutte le riprese degli sfondi sapendo già come si sarebbe mosso il soggetto muovendo la macchina in un certo modo, poi quel movimento doveva essere replicato al millimetro girando con l’atleta.

 

l risultato ottenuto rispecchia quello che avevate immaginato all’inizio?

Ci sono alcune scene che sono davvero identiche, è quasi impressionante.
Ricordiamo di aver assistito a un discorso tra il regista e il direttore della fotografia, entrambi di Los Angeles, nello specifico sulla scena del tennis ed aver pensato quasi meravigliati: “questa cosa l’abbiamo concepita un anno fa, l’abbiamo messa su tavole statiche con immagini prese da internet e oggi il progetto è in mano a professionisti d’oltreoceano”. Questo è il bello del nostro lavoro, che da una scintilla poi hai la possibilità di vedere come a cascata accadano tantissime cose. 

C’è da dire che Rich Lee, il regista che ha seguito il progetto, ha tantissimi meriti: è stato lui a dare dinamicità a molte delle scene. Ad esempio, nella scena del tennis con i protagonisti che giocano da dentro due quadri del Louvre, è stato lui a dare quel twist in più con l’inquadratura che rende tutto più d’impatto per come arriviamo a scoprire quel momento.

Dopotutto, il nostro lavoro di creativi è quello di partorire queste idee, farle approvare e pensare quante più scene possibili, poi la magia la rende il regista e con lui la casa di produzione che è in grado di fornire i mezzi per far sì che tutto questo possa avvenire con la giusta dinamicità. 

In questo senso è stato fondamentale l'incontro con Karim Bartoletti di Indiana: è suo il merito di avere proposto il regista perfetto per un lavoro tecnicamente così difficile e avere organizzato al meglio tutto ciò che ruota intorno a una produzione così complessa che ha coinvolto più di 400 persone nelle sue diverse fasi in oltre 10 mesi di lavoro.

 

Ma tra tutti questi progetti ne avete uno del cuore?

La classica risposta a questa domanda sarebbe: “beh, il prossimo!”. 
Però forse tra tutti possiamo dire Tokyo 2020 perchè era un periodo particolare, c’era stato il covid e la posta in gioco era altissima, i risultati sono stati davvero impressionanti tra commenti e visualizzazioni su YouTube, è stato quasi difficile pensare di poter replicare. 
Poi sicuramente anche Londra 2012, noi abbiamo obiettivamente sempre avuto la fortuna di lavorare a campagne di rilevanza globale ma quella volta lì c’è stata  la realizzazione di aver contribuito a qualcosa che sarebbe uscito in tutto il mondo, durante un evento così importante. Ecco, quella cosa lì è davvero una sensazione difficile da spiegare.

 

Come mai avete scelto proprio Talent Garden come vostra “casa professionale”?

Siamo qui da poco, ma l’abbiamo scelto fondamentalmente per andare “controtendenza”: noi abbiamo lavorato molto da remoto da prima che fosse così diffusa come pratica. Ultimamente, invece, abbiamo sentito il bisogno di tornare in un luogo fisico e ci piaceva l’idea di trovarci in mezzo a tante realtà diverse, che possono sia vivere in maniera indipendente sia essere stimolate ad incrociarsi. A noi questo piace, vogliamo correre il rischio di essere contaminati e godere della benzina che genera l’energia di questo posto.

 

Tra qualche giorno su LinkedIn torneremo tutt* esperti di AI e delle Olimpiadi estive se ne riparlerà tra quattro anni. Per Trash ADV, invece, il sogno Olimpico potrebbe non finire qui…

Se ti è piaciuto sbirciare il dietro le quinte di uno degli eventi più importanti del mondo, allora continua a seguire il nostro blog perché la nostra Community non smette mai di stupire.

Alla prossima con le storie della Community di Talent Garden!

Articolo aggiornato il: 08 agosto 2024
Talent Garden
Scritto da
Talent Garden, Digital Skills Academy

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