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Al centro della Digital Transformation ci sono le persone, con le loro competenze, hard e soft. Perché questa sfida coinvolge tutti: clienti, consumatori, “prosumer” e manager. Ma come funziona la ricerca diretta e selezione dei manager più adatti a ricoprire posizioni dirigenziali all'interno di aziende e organizzazioni, nell’era della trasformazione digitale?

Proprio per questo il nostro People & Culture Manager di Talent Garden Matteo Sola ha intervistato Ottavio Maria Campigli, Principal presso Badenoch & Clark Executive dove si occupa di executive search da più di 8 anni, concentrandosi su progetti di selezione di ruoli dirigenziali. È Advisor di fiducia di alcuni tra i più rinomati fondi di Venture Capital e delle più importanti scaleUps (italiane e straniere), e inoltre molto attivo nei progetti IT o di Digital Trasformation e Innovation, anche presso multinazionali di settori apparentemente più tradizionali. Ecco cosa ci ha raccontato.

Parliamo di digital e dell’impatto che ha avuto sulle professionalità ricercate dalle aziende, sulla strategia stessa dell’executive search. Cosa è cambiato in come le aziende tradizionali si muovono rispetto al passato per cercare le persone e crescere, da quando è arrivata la Digital Transformation?
È cambiato tanto e sta cambiando tantissimo. C’è stato un passaggio: il passaggio dalla Digital Transformation, slogan di qualche anno fa quando si è iniziato a parlarne sino allo scenario attuale in cui c’è un impatto concreto su tutte le aziende e le azioni messe in campo diventano realmente strategiche. Ormai si iniziano a toccare con mano gli impatti di queste scelte e si è in grado di misurare i risultati delle prime iniziative. Per dirla in altre parole, oggi si comprende concretamente quale sia il valore di aver inserito un Chief Digital Officer tre anni fa, diventando motivo di successo notiziabile. Di conseguenza, complice, l’evoluzione di tecnologie sempre più traversali. Un approccio all’organizzazione di questo tipo si diffonde a macchia d’olio in altre aziende. Per questo e altri motivi, ciò che osserviamo è che le aziende stanno investendo in modo significativo sull’assunzione di figure dirigenziali che hanno ownership diretta sui processi di digitalizzazione, di gestione dei dati, IoT, blockchain... con diverse verticalità a seconda del settore. In questi ruoli si ricerca la capacità tattica di fare execution, ma anche la visione strategica di medio e di lungo termine. In una prima fase, diversi anni fa, le aziende ricorrevano alla consulenza esterna come primo step, in una seconda fase, più recente, le aziende più innovative e lungimiranti hanno iniziato ad assumere i primi professionisti alla guida della Digital Transformation. E in questi casi i profili più tipici arrivavano dall’ambito consulenziale (Tier1, Big4, grandi player come Accenture, etc) siccome in mancanza di professionisti plug & play, si puntava su una visione d’insieme, oppure si prendeva dall’estero dove la trasformazione digitale vive una fase più avanzata. Nel 2019, anche in Italia, il mercato della Digital Transformation è più maturo, ci si orienta su figure più verticali che hanno già dimostrato di saper far succedere le cose oltre a una visione d’insieme. Generalmente si ricerca un mix di esperienze diversificate tra consulenza ma anche ruoli apicali della funzione digital in altre aziende corporate. Possiamo quindi dire che, anche analizzando il panorama nazionale, le professionalità sono diventate più solide e stiamo osservando come questo mercato si stia avviando verso una fase più matura.

Dal tuo punto di osservazione, negli ultimi anni qual è stato il trend tecnologico che ha impattato e sta condizionando di più il business delle aziende corporate che operano in settori tradizionali?

Il primo trend è legato a temi quali gli analytics, la data science e la data monetization. I dati servono a tutto, in tutte le industry, e ormai viviamo l’era della data economy. Impattano dal prodotto, al cliente, ai processi e condizionano sempre più radicalmente la capacità di produrre valore per l’azienda. Il dato va estrapolato, raccolto e poi valorizzato. È un processo complesso che richiede una technicality specifica e molto business acumen. Trattandosi in Italia di un trend ancora troppo recente, spesso figure manageriali quali Head of Analytics e Data Sciences Director vengono solitamente ricercati all’estero, dove si possono individuare professionisti con un’esperienza manageriale di più lungo periodo in questi ambiti. In Italia come all’estero, sono particolarmente apprezzate una laurea, meglio se anche phd, in materie scientifiche quali matematica, fisica o ingegneria. Al contempo, naturalmente la ricerca di revenue sul canale online è un megatrend che coinvolge un po' tutti i grandi gruppi multinazionali che operano in settori tradizionali, specie chi fa prodotto naturalmente, ma non solo. Infatti, a livello numerico la maggior parte delle assunzioni riguardano ad oggi le opportunità dell’azienda di fare business online, e le strategie tipiche sono D2C (Digital to Consumer, quindi costruire un proprio eCommerce) o D2B (Digital to Business, ad esempio vendendo attraverso Amazon o altri eCommerce/Marketplace settoriali), o più spesso un mix di entrambe. I professionisti che già governano tali competenze stanno vivendo un momento positivo, sono molto ricercati e le retribuzioni sono particolarmente significative. Un altro trend rilevante è quello delle criptovalute e dell’ICO. Ad oggi è difficile dire se l’impatto in termini di carriera e professionalità sarà pari ai precedenti trend, o più probabilmente minore. In ogni caso già oggi sta influenzando alcuni processi di selezione e persino le grandi corporate tradizionali si stanno muovendo in queste direzioni, anche le più insospettabili. Infine va citato sicuramente l’IoT, tecnologia che abilita la quarta rivoluzione. Negli ultimi 15 anni ha visto importanti sviluppi e ora è matura e ricca di casi di applicazione specie nell’innovazione di prodotto, e l’impatto sulle carriere è altrettanto rilevante.

Parliamo ora di aziende in divenire, che dopo la fase di startup affrontano il grande salto verso la crescita importante ed entrano nella fase detta di “scaleup”. L’HR come sta cambiando in questo contesto?

È facile comprendere l’importanza di HR in aziende più strutturate, ma al contempo ciò che osserviamo è che le risorse umane giocano un ruolo sempre più significativo anche nel panorama digitale delle scaleup. Basti pensare che, secondo uno studio di CBinsights in cui vengono analizzati i principali motivi di fallimento di una startup, al terzo posto c’è proprio il fatto di avere un team sbagliato e una cattiva gestione HR. Se ci pensiamo un processo di selezione sbagliato, che non porta le persone giuste, è un dramma non solo perché costa molto in termini di tempo e denaro, ma perché condiziona la capacità di execution dell’azienda stessa. E se la startup si fonda sull’idea, la scaleup si sviluppa con l’execution. Al contrario, governare efficacemente i processi di selezione significa acquisire un importante vantaggio competitivo sul mercato, specie in ottica prospettica. Oltre alla Talent Acquisition, le attività a più alto impatto restano la capacità di gestire le persone, definire dei valori aziendali coerenti e sostenibili nel tempo, così da assicurare una employer experience complessivamente elevata. Infatti, nel medio termine la partita (sempre fondamentale) che si gioca sul piano dell’hiring non è più l’unica reale sfida HR, bensì ci si trova ad affrontare una seconda sfida altrettanto importante per il futuro della scaleup: la retention dei propri dipendenti. Per fare ciò, tutto parte dalla selezione del responsabile HR. Se facciamo una media, considerando le dovute differenze di settore e dei modelli di business, si tende a inserire un HR Manager (generalmente un quadro) quando si raggiungono i 40 dipendenti e di un HR Director (dirigente), tra le 80 e le 100 persone. Almeno così vediamo che avviene nelle aziende di maggior successo e non è un caso che si investa così tanto e così relativamente presto.

Al contempo invece quali competenze sul piano digitale deve avere nel 2019 un buon HR Manager/Director in un’azienda tradizionale?

Se parliamo di scenari più corporate, anche qui va evidenziato che l’HR viene coinvolto sempre di più nei processi di trasformazione digitale a partire dalle persone che si scelgono e da come si gestiscono (dallo smartworking al design degli uffici, alle piattaforme tecnologiche di lavoro e di gestione delle persone). Al primo posto metterei dunque la capacità di ridisegnare l’azienda, ripensarla in accordo con la digital innovation e renderla sempre più efficiente e sinergica in termini di processi e scambi tra i dipendenti. Al contempo, la digitalizzazione porta ad un approccio più numerico e data driven, attraverso la definizione e misurazione di Objectives e Key Results (OKR) che determinano le performance. In altre parole, il connubio HR e innovazione è sempre più forte nelle aziende di successo di ogni dimensione, e richiede un adeguato mix tra competenze soft, hard, unitamente a una leadership solida e consapevole.

Parlando di scaleup, quali persone servono per crescere in modo sostenuto e affidabile: i junior o i senior?

Naturalmente non si tratta di un out out, ma come ci dicevamo il tema rispetto alle persone per una scaleup è proprio di scalabilità in senso stretto: il successo spesso sta nella capacità di ottenere risultati consistente in modo veloce, scalando in termini di volumi, canali e mercati sempre più ampi. Per farlo servono le persone giuste, serve saperle attrarle, saperle selezionare e poi saperle tenere ingaggiate anche a distanza di anni. Ma serve anche che queste persone possano scaricare a terra un valore concreto già nel breve periodo. Non puoi permetterti di dire “a fare questo ci arriverà - e dunque ci arriveremo come azienda - tra tre anni” perchè tra 3 anni è tardi, qualche altra azienda l’avrà fatto sicuramente prima di noi. L’attitudine e il fit culturale dunque restano sempre importanti, ma i risultati migliori si ottengono con un giusto bilanciamento tra esperienza e competenze già acquisite. Per questi motivi le aziende digitali hanno imparato a investire, oggi più che in passato, anche sui ruoli senior.

Quali sono le figure apicali, in particolare, più critiche per il futuro successo di un’azienda oggi?

Per una scaleup in primis il “co-CEO” o “co-MD”, che riesce a traghettare l’azienda verso le fasi successive di vita dell’organizzazione, affiancando le altre figure apicali che hanno avviato il tutto. Sicuramente gli ambiti più caldi sono le operation, la data monetization e business intelligence e naturalmente la parte business ovvero sales (principalmente per modelli di business B2B) e digital marketing (più per modelli B2C). Nelle aziende corporate si devono presidiare naturalmente i ruoli tradizionali (CEO, CFO, CMO etc), ma aggiungerne altri come il direttore dell’innovation o dell’IoT, della gestione delle revenues online attraverso ecommerce/marketplace o il Chief Data Officer.

Un’ultima domanda, quando è utile ricorrere all’head hunting nei contesti digitali?

Al di là delle competenze specifiche di questo lavoro, chi si occupa di head hunting su ruoli apicali nel digitale riesce a avere un impatto positivo più rilevante in presenza di tre principali fattori: forte specializzazione e competenza sulle nuove tecnologie, un network (veramente) ampio e consolidato di professionisti apicali nel settore, e infine aiuta molto l’avere un mindset veloce e flessibile per sedersi al tavolo con il management dell’azienda committente e strutturare insieme ricerche che sono ancora spesso inedite e che devono inserirsi con armonia all’interno del nuovo disegno organizzativo. Se ci concentriamo sull’hiring, il consiglio è valutare al meglio quali sono le selezioni che conviene internalizzare (ad esempio perchè ricorrenti) e quando invece è più efficace esternalizzare tali attività, affidandosi sempre a professionisti esperti, onesti e appassionati di questo lavoro.
Articolo aggiornato il: 28 giugno 2024
Talent Garden
Scritto da
Talent Garden, Digital Skills Academy

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