Lavorare nelle Risorse Umane: Intervista ad Alessandro Montanari


Oggi incontriamo Alessandro Montanari, HR Director, professionista che da oltre vent’anni accompagna aziende di diversi settori – dalla moda alla tecnologia, dai media alla consulenza – nei loro percorsi di trasformazione.
Il suo approccio mette al centro le persone, la leadership e il cambiamento, guidando l’evoluzione delle risorse umane con strategie agili e orientate al futuro.
Dalla preparazione di IPO internazionali alla trasformazione digitale, Alessandro ha collaborato con gruppi globali e realtà in rapida crescita, supportando i team dirigenziali nella definizione della cultura aziendale, nello sviluppo dei talenti e nella riprogettazione delle organizzazioni.
Com’è nato e come si è evoluto il tuo percorso nelle Risorse Umane?
Non è stato un innamoramento a prima vista, ma una lenta combustione.
Sono partito da con la testa piena di matrici, Gantt e KPI, e con l’idea che il cambiamento fosse questione di processi. Poi, nel tempo, ho scoperto che il vero motore dei cambiamenti sono le persone — con i loro entusiasmi, le loro paure e le loro scintille di genio.
Così ho iniziato a spostare il baricentro: da chi disegna i sistemi a chi accende le energie.
Da allora, in ogni tappa (amo il ciclismo) ho cercato di essere meno “gestore di HR” e più “costruttore di possibilità”
C’è stato un momento specifico in cui hai capito che sarebbe diventata la tua professione
Sì: il giorno in cui ho smesso di guardare i fogli Excel come numeri e ho cominciato a vederli come storie.
Dietro ogni cella c’era un talento che cercava spazio, un’idea che voleva emergere, un dubbio che aspettava ascolto.
Da lì in poi ho capito che il mio mestiere non era “fare HR”, ma fare spazio: perché le persone possano evolvere, connettersi, sorprendere — e a volte persino cambiare le regole del gioco.
Da cosa si riconosce un professionista HR capace di cavalcare il cambiamento invece di subirlo?
Non lo riconosci dai titoli sul biglietto da visita, ma dal fatto che si diverte nel caos.
Mentre gli altri cercano punti fermi, lui costruisce surf: trasforma ogni scossone in un’onda su cui provare nuove manovre.
È curioso come un esploratore, lucido come un analista e un po’ incosciente come chi sa che per innovare devi essere disposto a rompere le mappe.
Qual è la competenza che chi lavora oggi nelle HR dovrebbe assolutamente coltivare?
La capacità di tenere insieme i paradossi.
Essere umanista e data-driven, visionario e concreto, veloce e paziente.
Il futuro non premia chi sceglie un estremo, ma chi sa danzare sul filo teso tra opposti — e renderlo persino divertente per gli altri.
Se dovessi descrivere il futuro delle HR con tre parole, quali sceglieresti, e perché proprio queste?
Connettività. Coraggio. Cura.
- Connettività, perché le organizzazioni saranno reti sempre più liquide, da tessere con creatività.
- Coraggio, perché servono HR che osino reimmaginare le regole prima che qualcun altro le riscriva.
- Cura, perché la vera innovazione nasce solo dove le persone si sentono viste, ascoltate e libere di sbagliare.
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