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Nata come un trend su TikTok, la Main Character Energy è ormai molto più di un semplice hashtag o di un’estetica curata. Per la Gen Z, rappresenta un vero e proprio modo di vivere, raccontarsi e posizionarsi nel mondo. Ma cosa significa davvero “avere l’energia del protagonista”? E quali sono le implicazioni psicologiche, sociali e culturali di questo fenomeno?

Cos'è la Main Character Energy?

Nel linguaggio social, si parla di Main Character Energy (MCE) per indicare quell’attitudine da protagonista, capace di catalizzare l’attenzione e vivere la propria vita come se fosse il centro della narrazione. Questa mentalità si riflette in contenuti visivi altamente estetizzati, momenti quotidiani immortalati con taglio cinematografico e frasi motivazionali che spingono all’autoaffermazione.

Secondo uno studio del Pew Research Center (2023), l’82% della Gen Z usa regolarmente piattaforme come TikTok e Instagram per costruire una narrazione personale e pubblica della propria vita. Il protagonista non è più il personaggio di un film, ma l’utente stesso, autore, regista e attore del proprio racconto.

Le radici culturali del protagonismo digitale

Il concetto di Main Character non nasce con TikTok. Ha radici profonde nella cultura pop, dalla letteratura di formazione ai film coming-of-age, fino ai format televisivi che mettono al centro l’individuo e il suo sviluppo personale. Ma ciò che è cambiato radicalmente è la pervasività della performance del sé.

La sociologa Sherry Turkle parla di presentation anxiety per descrivere la pressione costante di curare un’identità digitale coerente, autentica, ma anche aspirazionale. La Gen Z, cresciuta tra algoritmi e follower, è diventata esperta nel creare e manutenere queste narrazioni.

Il lato positivo: empowerment, agency, consapevolezza

Non tutto è negativo. MCE può essere letta anche come una forma di empowerment individuale. In un mondo incerto e ipercompetitivo, l’idea di essere il protagonista del proprio percorso può diventare una leva motivazionale, spingendo i giovani a prendere in mano il proprio destino, a credere di più in sé stessi e a coltivare le proprie passioni.

Una ricerca di Deloitte (Gen Z and Millennials Survey, 2024) evidenzia come il 70% dei giovani under 30 cerchi ambienti di lavoro in cui possa “esprimere pienamente il proprio potenziale e sentirsi valorizzato come individuo”. In questo senso, la MCE diventa una lente attraverso cui leggere anche l’evoluzione delle aspettative nei confronti della carriera e del benessere professionale.

Il lato oscuro: narcisismo, burnout e solitudine

Tuttavia, la Main Character Energy porta con sé anche delle ombre. L’iper-individualismo, la pressione costante alla prestazione e l’illusione di dover sempre “brillare” possono generare ansia, senso di inadeguatezza e solitudine.

Secondo l’American Psychological Association (APA, 2023), il 91% della Gen Z dichiara di aver provato almeno una volta sintomi di ansia legati alla propria immagine pubblica online. E uno studio di McKinsey del 2024 sottolinea come il 48% dei giovani under 25 percepisca i social come un luogo di “competizione continua” più che di ispirazione.

Un altro rischio è la sovraesposizione del sé: vivere ogni esperienza come una scena da mostrare può impoverire la capacità di stare nel presente, di coltivare relazioni autentiche e di accettare momenti di vulnerabilità senza trasformarli in contenuti.

MCE e collettività: siamo davvero protagonisti da soli?

Uno degli elementi più contraddittori della Main Character Energy è la sua illusione di autosufficienza. Nella narrazione cinematografica, il protagonista raramente raggiunge il suo obiettivo da solo: c’è un cast di supporto, alleati, mentori, amici. Tuttavia, nella versione social del protagonista, questo elemento viene spesso omesso.

Nel mondo reale, invece, le reti di supporto, il lavoro di squadra, la collaborazione e il networking sono fondamentali per crescere – sia nella vita privata che in quella professionale. Lo stesso World Economic Forum, nel report “The Future of Jobs 2025”, identifica teamwork e empathy tra le soft skill più richieste nel futuro del lavoro.

Riscrivere la narrativa del protagonista

Forse, allora, è il momento di riscrivere il significato della Main Character Energy. Non come autocelebrazione continua, ma come accettazione dei propri limiti, disponibilità a cambiare direzione, capacità di chiedere aiuto, e volontà di essere parte di qualcosa di più grande.

Essere il “main character” non dovrebbe significare essere il più figo della stanza, ma riconoscere il valore della propria storia – fatta di successi, fallimenti, relazioni e trasformazioni. E se la Gen Z ha portato alla luce questa nuova grammatica del sé, tocca a noi tutti – educatori, aziende, istituzioni – il compito di accompagnarla in una narrazione più equilibrata, sostenibile e collettiva.

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Articolo aggiornato il: 09 luglio 2025
Talent Garden
Scritto da
Talent Garden, Digital Skills Academy

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