Come si fa a scoprire il proprio talento?

 

Se questo post fosse stato scritto un secolo fa, o ancora prima, molto probabilmente avrebbe avuto un contenuto completamente diverso da quello che state per leggere. 
Perché? Semplice: il concetto di talento, di cui tutti parlano, ha subito un’evoluzione importante nel corso dei secoli, assumendo di volta in volta sfumature e significati molto diversi, a seconda del contesto storico e culturale di riferimento. 
Se è così, allora, prima di rispondere alla domanda su come scoprire il proprio talento bisogna capire cosa intendiamo quando usiamo questa parola. Non escludiamo sorprese: potresti scoprire di interpretare il concetto di talento in modo non necessariamente allineato con l’interpretazione utilizzata nei contesti accademici e professionali. 

Scopriamo perché:

  • Iniziamo dai classici, che del talento avevano una concezione molto concreta. Nell’antica Grecia, il termine “talanton” indicava una misura di peso e valore economico. Ad esempio, il talento attico pesava circa 26,20 chilogrammi, mentre il talento ebraico di età ellenistica pesava quasi il doppio: circa 43,5 chilogrammi. Sarà solamente più tardi nel tempo che il termine acquisirà un significato astratto, arrivando a descrivere un’inclinazione o un’abilità particolari, rappresentando in sostanza una metafora delle capacità individuali. 
  • Nel Medioevo si arriva all’estremo opposto rispetto al mondo classico. Il talento è quanto di meno concreto possiate immaginare. Non è più nemmeno un’inclinazione umana, ma un desiderio travolgente, addirittura una frenesia. Dante Alighieri ne scrive a proposito dell’amore tra Paolo e Francesca, nel canto V dell’inferno. Nell’interpretazione corrente dell’epoca, insomma, il talento era una forza interiore potente al punto da essere spesso incontrollabile da chi la possedeva.
  • Sarà il Rinascimento a consacrare il talento all’interno della concezione che abbiamo ancora oggi. È proprio tra il XIV e il XVII Secolo che fioriscono grandi artisti e scienziati come Leonardo da Vinci, Botticelli e Michelangelo, le cui doti artistiche e scientifiche vengono apprezzate già dai contemporanei, per lasciare un’impronta indelebile nella storia. Non è un caso se gli umanisti rinascimentali riscoprirono e ammirarono l’antichità classica, vedendo in essa un modello di equilibrio, di armonia e di bellezza – in una parola: di talento!
  • Con l’età moderna le cose si complicano. Viene introdotta una nuova categoria, che presto si separa dal talento: il genio. Friedrich Schelling considerava il genio come la capacità di cogliere l’“Assoluto” attraverso l’arte; mentre un altro grande filosofo, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, vedeva il talento come una vera e propria competenza tecnica specifica. Questa distinzione tra talento e genio, che alcuni considerano ancora valida, ha influenzato profondamente tutto il pensiero successivo sulle capacità umane e sul valore della creatività.
  • Nel XX Secolo il talento inizia a essere visto come combinazione di abilità innate e di competenze acquisite. La psicologia dello sviluppo inizia a studiare approfonditamente fenomeni come i cd. “bambini prodigio”: giovanissimi che mostrano abilità eccezionali, in campi come la musica, gli scacchi e la matematica. Tra costoro troviamo molti nomi noti: Carl Friedrich Gauss e Pablo Picasso, ad esempio. Insomma, si rafforza l’idea secondo cui si nasce talentuosi anziché diventarlo nel tempo. 
  • Arriviamo alla fine di questo breve racconto con l’interpretazione attuale del talento, che per molti è un mix di competenze tecniche e soft skills, come la creatività e la leadership. È qui che nasce il concetto di “talento ribelle”, caratteristica di persone che enfatizzano l’innovazione e il pensiero non convenzionale. Un tipo di talento spesso associato a figure che hanno influenzato profondamente il loro campo, soprattutto nel mondo della tecnologia: come Steve Jobs e Elon Musk.

Possiamo dire, adesso che conosciamo la storia del talento umano, che ne fanno parte elementi diversi. Alcuni di questi sono legati all’idea secondo cui alcune persone possiedono doti artistiche di grande valore. Altri invece fanno riferimento all’ipotesi che i più talentuosi sono anche persone eccentriche e fuori le righe. 
Ma allora, ci si chiede, se il talento è un insieme eterogeneo di competenze e capacità, come si fa a misurarlo? Secondo alcuni, basta sottoporsi a un test che aiuta a identificare le abilità innate e le competenze acquisite da ciascuno di noi. Cioè, in sostanza, è sufficiente trovare un sistema di misurazione che separa e quantifica le doti con cui nasciamo e quelle che invece impariamo lungo il percorso scolastico e professionale. 

Prova anche tu, c’è l’imbarazzo della scelta:

  • Ci sono i test psicometrici per misurare le capacità cognitive, le attitudini e i tratti della personalità. Sono i test che vanno molto di moda nel contesto della selezione del personale e dello sviluppo professionale. Per esempio il 16PF – Sixteen Personality Factor Questionnaire (che identifica 16 caratteristiche della personalità per valutare come le persone rispondono alle situazioni lavorative, con 170 domande); oppure l’Occupational Personality Questionnaire (che misura 32 tratti della personalità e come questi tratti influenzano la performance lavorativa, con 104 domande).
  • I test di intelligenza servono invece per misurare le capacità cognitive di ciascun individuo. Il più noto tra tutti, sviluppato da Alfred Binet all’inizio del XX Secolo, aveva l’obiettivo di misurare le capacità intellettive di un individuo rispetto ai coetanei. Altri esempi includono la “Batteria di Valutazione Kaufmann” per bambini e il “Sistema di Valutazione Cognitiva per Bambini” di Das e Naglieri, che valutano soprattutto i processi come la pianificazione, l’attenzione, l’elaborazione simultanea e quella sequenziale.
  • Alcuni test più specifici, infine, provano a individuare caratteristiche particolari. Uno tra i più noti è il Clifton Strengths Assessment, sviluppato da Gallup: un test psicometrico progettato per identificare e misurare le abilità innate di un individuo. Il test consiste in 177 quesiti e genera un “DNA dei talenti” che elenca 34 temi di talento, con i primi 10 considerati “dominanti”. 

Pensare a lungo termine. I nostri consigli per sviluppare un talento e farlo crescere

Hai provato a fare uno dei test che ti abbiamo consigliato? Hai scoperto qualcosa di nuovo su te stesso, oppure nulla che non sapevi già? 

Il punto di tutti questi sistemi di valutazione e misurazione è che tendono a offrire quasi sempre una visione statica delle persone – e soprattutto non ci dicono moltissimo sulle capacità di un individuo di evolvere nel tempo. 

Fare un test potrebbe aiutarti a capire meglio che tipo di persona sei e, in alcuni casi, addirittura aiutarti a orientarti meglio. Ma noi siamo convinti che, a prescindere dal fatto che un talento tu lo possieda o meno, sia possibile lavorare sul lungo termine e svilupparne uno. 

Per riuscirci, è importante seguire qualche semplice consiglio:

  1. Primo, la tua formazione dev’essere un processo senza interruzione. Questo è di gran lunga il consiglio più importante di tutti. Prendi alla lettera l’espressione “lifelong learning”, ossia apprendimento per tutta la vostra vita. Pensa che nel 2024, il 49% degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni nell’Unione Europea ha partecipato a qualche forma di educazione o formazione. Un dato molto importante, che riflette sia l’importanza dell’educazione formale sia di quella non formale. Insomma, possiamo dire che l’apprendimento continuato è esso stesso un talento fondamentale da coltivare
  2. Secondo, sii sempre curioso intellettualmente. C’è un potenziale davvero enorme che alimenta le forze trasformatrici e dirompenti dell’automazione e digitalizzazione. Molti parlano di posti di lavoro a rischio automazione, ma la verità è che bisognerebbe parlare di evoluzione delle competenze e di trasformazione. Per i lavoratori e professionisti che sanno tenere alta l’attenzione sulle evoluzioni del mercato e sulle competenze più richieste, la trasformazione non fa paura. Tra i settori più interessanti ci sono quello ambientale (dagli specialisti in sostenibilità agli esperti in energie rinnovabili) e digitale (dagli specialisti in intelligenza artificiale, agli ingegneri del settore Fintech fino agli esperti di trasformazione digitale). Sapersi adattare alle trasformazioni è uno strumento prezioso per coltivare l’aggiornamento delle proprie capacità.
  3. Terzo, unisciti (e aiuta a crescere) alla tua comunità di riferimento. C’è sempre da imparare qualcosa dagli altri – e spesso la capacità di fare squadra è un elemento essenziale per coltivare un talento. Non è un caso che si parli di intelligenza collettiva, frutto della somma tra tante intelligenze individuali, come vera e propria super-intelligenza. Yuval Noah Harari sostiene che sia proprio questa intelligenza collettiva che ha reso noi esseri umani la specie dominante sul pianeta.
  4. Quarto, esplora realtà diverse dalla tua, uscendo dalla zona di comfort. È davvero importante non rimanere mai fermi troppo a lungo nello stesso posto. A volte per fare un salto di qualità bisogna essere pronti a spostarsi, muovere le proprie capacità rispetto ai mercati e alle aree geografiche più ricettive. Quando si cambia si scoprono posti in cui le possibilità di scalare nella gerarchia di un’azienda sono superiori rispetto ai contesti da cui si proviene. Ma soprattutto cambiare è il sintomo della volontà di esporsi a realtà diverse, da zone esterne a quella di comfort, in cui si ha modo di esplorare meglio i propri talenti. 

Talentuosi si nasce o si diventa? Proviamo a cercare la risposta giusta alla domanda giusta

Ti abbiamo appena detto che, ragionando sul lungo termine e lavorando alle costruzione delle proprie capacità, si può crescere personalmente e professionalmente, acquisendo nuovi talenti o rafforzando quelli che si posseggono già.

Rimane una questione aperta: se cioè il talento sia innato o acquisito. La domanda è complessa e probabilmente anche fuorviante, dal momento che pone due condizioni nette, mentre a ben vedere una risposta univoca non è possibile, poiché entrambi gli aspetti, genetici e ambientali, giocano un ruolo cruciale nello sviluppo delle abilità individuali. 

Prendiamo l’esempio di quattro individui straordinari, due uomini e due donne, provenienti da diverse nazionalità e attivi in settori differenti.

  • Wolfgang Amadeus Mozart è considerato uno degli esempi più noti di talento innato. Nasce a Salisburgo nel 1756 e dimostra fin dalla tenera età un’incredibile predisposizione per la musica. Eppure a studiare meglio la storia di Mozart scopriamo che già suo padre, Leopold Mozart, era un musicista e compositore rinomato, che investì da subito sull’educazione musicale del figlio. A soli cinque anni, Wolfgang componeva già opere musicali e suonava il clavicembalo con maestria. La sua straordinaria capacità di comprendere e creare musica era una dote naturale o il risultato di un ambiente ricco di stimoli musicali e del continuo sostegno paterno?
  • Serena Williams è considerata da molti un caso esemplare di come il talento sportivo possa essere sia innato che coltivato. Nasce nel 1981 in Michigan, e mostra fin da piccola un’eccezionale abilità per il tennis, incoraggiata dal padre Richard Williams, che intravide il potenziale delle sue figlie nel gioco. Nella sua vita Serena Williams ha fatto principalmente una cosa: lavorare instancabilmente, allenandosi per ore ogni giorno, affinando le sue capacità e migliorando la sua tecnica. Il fatto che sia diventata una campionessa mondiale è frutto dell’allenamento rigoroso o di una predisposizione naturale al tennis?
  • Continuiamo con i nostri esempi. È il turno di un’altra donna eccezionale: Marie Curie, nata Maria Skłodowska nel 1867 in Polonia. Fin da giovane, Curie mostra un’intensa curiosità per le scienze. É molto determinata e questo le consente di trasferirsi a Parigi per studiare alla Sorbona. Dopo anni di studi si guadagnerà due Premi Nobel in fisica e chimica. Il successo di Marie Curie è attribuibile alle mente brillante di una studiosa, oppure alla perseveranza e passione fuori dal comune?
  • Chiudiamo con Pablo Picasso, nato nel 1881 a Málaga, in Spagna: un altro esempio di talento artistico che è stato nutrito e sviluppato attraverso l’educazione e l’esperienza. Pablo è figlio di un insegnante d’arte, che lo incoraggia a dipingere da giovanissimo. Manifesta presto una grande capacità di osservare e riprodurre il mondo con creatività e originalità. Tuttavia, sarà solamente attraverso anni di pratica, sperimentazione e innovazione che Picasso diventa uno dei pittori più influenti del XX secolo. La sua carriera è quella di un talento naturale destinato a sbocciare, oppure di un’inclinazione che è stata coltivata e perfezionata attraverso lo studio e il lavoro incessante?  

Se avete provato a rispondere alle domande dei nostri esempi è probabile vi siate fermati a soppesare le due componenti, ed è quella la vera risposta alla domanda che ci siamo posti. Il talento è sicuramente qualcosa per cui si può essere predisposti. 

Alcuni tra noi avranno un’inclinazione allo sport, altri alle discipline artistiche, altri ancora alla diplomazia o alla leadership. Eppure trasformare quell’inclinazione in competenza, spendibile sul lavoro, è questione di tempo, dedizione e ambiente. Il terzo non dipende (solo) da voi. Ma sul tempo e la dedizione siete i soli protagonisti. Coltivare uno o più talenti dipende solo da voi. 

Articolo aggiornato il: 24 luglio 2024
Talent Garden
Scritto da
Talent Garden, Digital Skills Academy

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